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14
06
2021

Niyama: i si che fanno bene

Scritto da Giada Tessari 0

Nell’articolo “Yama e Niyama: rafforza il corpo dal centro” un introdotto l’argomento interessante: l’attività fisica oltre il corpo. Lo Yoga è trasformazione e, solitamente, chi inizia un percorso yogico – che lo voglia o no – evolve. Indipendentemente da che cosa significa evolvere per noi. Che sia una necessità o il risultato della pratica, lo yoga porta a una trasformazione. Ci aiuta a riflettere su chi siamo, dove ci troviamo nella vita, ad accettare la realtà nel miglior modo possibile, ma – allo stesso tempo – pianificare un percorso verso il nostro ideale. Ti ho spiegato come mi colpì profondamente una riflessione di un mio maestro sul movimento non consapevole. Ricordo la spiegazione che mi diede una volta uno dei miei maestri: “Quando devi pulire una casa sporca e chiusa da anni cosa fai? Accendi un ventilatore o osservi con calma, cominci a spolverare, mettere da parte gli oggetti, capire cosa pulire e con che cosa? Ecco, spesso le persone prendono un ventilatore e lo accendono in una casa antica e piena di polvere in cui entrano e invece di pulire semplicemente spostano lo sporco ovunque”. Quando ci avviciniamo al movimento dovremmo farlo consapevoli che non muoviamo solo membra, muscoli, organi ma anche tutto ciò che c’è dentro. Da qui il desiderio di presentarvi le regole che stanno alla base dello Yoga,Yama e Niyama. Fanno parte a tutti gli effetti delle fondamenta della filosofia yoga. Chi pratica o si interessa di yoga, capisce fin da subito che “fare yoga” non si tratta solo di ricreare delle posture; ma è anche seguire uno certo stile di vita. Lo yoga, in tutta la sua teoria e la sua  pratica, aiuta ad acquisire maggior consapevolezza del corpo ma anche delle mente. I suoi insegnamenti sono una guida pratica per aiutare a capire le proprie esperienze e affrontare quelle successive. Se vuoi, puoi immaginarlo come una mappa dettagliata, che ti suggerisce dove sei e come arrivare al prossimo punto. In questo contesto dobbiamo pensare a Yama e Niyama come linee guida, principi, discipline etiche, precetti e  osservazioni che vengono consegnate per prendersi cura di se stessi, della terra e di chi ci vive.

A differenza degli Yama, i cinque Niyama sono virtù e comportamenti positivi legati allo stile di vita del singolo individuo, da coltivare quindi per migliorare principalmente sé stessi. I cinque Niyama sono:

  • Purificazione (saucha),
  • Accontentarsi (santosha),
  • Austerità (tapas),
  • Studio e conoscenza di sé (svadhyaya),
  • Abbandono alla volontà divina (ishvarapranidhana).
Purezza (saucha)

È da intendersi come pulizia fisica, mentale e morale, anche se più frequentemente viene riferita al primo dei significati. Nello Yoga esistono moltissime pratiche di purificazione (krya), dall’accurata pulizia del corpo a quella di singole parti come il naso, la lingua e l’intestino. Anche le tecniche come le posizioni ed il controllo del respiro svolgono azione di purificazione sia dei canali e dei centri di energia sottile (nadi e chakra), sia del sistema nervoso e della mente.

Appagamento (santosha)

L’unico modo per raggiungere questo stato è apprezzare ciò che abbiamo in questo preciso momento. Ecco cosa ci ricorda santosha: la gratitudine per ciò che abbiamo oggi, il portare l’attenzione e la consapevolezza sul momento presente. Più riusciamo a praticare santosha più saremo appagati da ciò che abbiamo, meno andremo a interferire con il raggiungimento della soddisfazione personale. Praticare questo Niyama significa anche lasciar andare i desideri insoddisfatti, che intrappolano nella sofferenza. In senso pratico santosha aiuta a liberarsi dallo stress, dalle preoccupazioni, dall’ansia e dalla tristezza. La condizione di appagamento non ha nulla a che vedere con l’inerzia, deve anzi coesistere con un atteggiamento positivo, dinamico e costruttivo.

Austerità (tapas)

Parliamo di disciplina, forse in un senso un po’ diverso da come la intendiamo comunemente noi in occidente. Tapas infatti viene tradotto anche come ardore per rappresentare il calore della determinazione e il fuoco che brucia desideri e ostacoli che si incontrano sulla strada verso l’auto-realizzazione.  E’ facile essere delle persone meravigliose e positive quando tutto va per il verso giusto. Ma cosa succede quando le cose iniziano ad andare male e la vita ti riserva una brutta carta? Tapas, la disciplina, esorta ad andare ad affinare la nostra forza, il nostro carattere, per affrontare al meglio i cambiamenti e raggiungere gli obiettivi.E’ la capacità di vivere in modo disciplinato. Si ottiene applicandosi diligentemente nello svolgimento dei propri compiti e perseguendo con determinazione i propri obiettivi. Praticando l’austerità si ottiene determinazione e fiducia nelle proprie capacità.

Studio di sé (svadhyaya)

Costituisce il primo passo per il cambiamento e l’evoluzione nella ricerca spirituale. Solo conoscendosi sempre più a fondo e con onestà, senza che questo degeneri in atteggiamento ossessivo, si possono porre le basi per un avanzamento reale verso la realizzazione. Fare uno studio su sé stessi è di grande aiuto per conoscere cosa ci guida e cosa ci frena, che poi è ciò che determina le vite che viviamo. Svadhyaya significa osservare le storie che raccontiamo a noi stessi su noi stessi e comprendere come quelle storie creano la realtà che ci circonda. E’ un invito a riflettere sui limiti della percezione imposta dal nostro ego.

Abbandono (ishvarapranidhana)

L’ultimo dei Niyama ci consiglia di fare attenzione a cosa la vita ci sta dicendo. Attraverso la pratica dell’abbandono si esprime la consapevolezza dei propri limiti e cessa la resistenza ad opporsi ad eventi ineluttabili, sviluppando al tempo stesso la capacità di adattarsi nel modo migliore ai mutamenti della vita. Questa condizione non esprime passività, ma la modestia di chi percepisce le forze della vita come qualcosa di superiore a quelle personali e non coltiva l’illusione di poter decidere e controllare gli eventi. Isvara pranidhana letteralmente significa abbandono a Dio e alla sua volontà.  Presuppone l’esistenza di una forza dell’Universo che lavora nelle e per le nostre vite. Ishvarapranidhana esorta a partecipare attivamente nelle nostra vita, essere presenti, godere del momento, lasciar andare rigidità e manie di controllo, e allo stesso tempo apprezzare tutto ciò che c’è di misterioso della vita. Una sorta di linea guida che ci suggerisce di abbandonare il nostro ego, avere fiducia nei piani dell’Universo e agire aprendo il nostro cuore per capire e accettare il nostro vero essere.

Con questo articolo termino al presentazione dei primi due gradini dello Yoga, sulle asana (o posizioni) ho scritto molto, come pure sul Pranayama e la meditazione. Nei prossimi articoli di come potenziare il tutto grazie a mudra e bandha. A presto.