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26
04
2021

Yama: i “no” che fanno bene

Scritto da Giada Tessari 0

Nell’articolo “Yama e Niyama: rafforza il corpo dal centro” un introdotto l’argomento interessante: l’attività fisica oltre il corpo. Lo Yoga è trasformazione e, solitamente, chi inizia un percorso yogico – che lo voglia o no – evolve. Indipendentemente da che cosa significa evolvere per noi. Che sia una necessità o il risultato della pratica, lo yoga porta a una trasformazione. Ci aiuta a riflettere su chi siamo, dove ci troviamo nella vita, ad accettare la realtà nel miglior modo possibile, ma – allo stesso tempo – pianificare un percorso verso il nostro ideale. Ti ho spiegato come mi colpì profondamente una riflessione di un mio maestro sul movimento non consapevole. Ricordo la spiegazione che mi diede una volta uno dei miei maestri: “Quando devi pulire una casa sporca e chiusa da anni cosa fai? Accendi un ventilatore o osservi con calma, cominci a spolverare, mettere da parte gli oggetti, capire cosa pulire e con che cosa? Ecco, spesso le persone prendono un ventilatore e lo accendono in una casa antica e piena di polvere in cui entrano e invece di pulire semplicemente spostano lo sporco ovunque”. Quando ci avviciniamo al movimento dovremmo farlo consapevoli che non muoviamo solo membra, muscoli, organi ma anche tutto ciò che c’è dentro. Da qui il desiderio di presentarvi le regole che stanno alla base dello Yoga,Yama e Niyama. Fanno parte a tutti gli effetti delle fondamenta della filosofia yoga. Chi pratica o si interessa di yoga, capisce fin da subito che “fare yoga” non si tratta solo di ricreare delle posture; ma è anche seguire uno certo stile di vita. Lo yoga, in tutta la sua teoria e la sua  pratica, aiuta ad acquisire maggior consapevolezza del corpo ma anche delle mente. I suoi insegnamenti sono una guida pratica per aiutare a capire le proprie esperienze e affrontare quelle successive. Se vuoi, puoi immaginarlo come una mappa dettagliata, che ti suggerisce dove sei e come arrivare al prossimo punto. In questo contesto dobbiamo pensare a Yama e Niyama come linee guida, principi, discipline etiche, precetti e  osservazioni che vengono consegnate per prendersi cura di se stessi, della terra e di chi ci vive.

Gli yama sono cinque regole etiche e morali universali, cinque freni o “astinenze” che limitano i comportamenti dannosi e distruttivi per lo yogi e per le sue relazioni con gli altri. Eccoli:

  • Nonviolenza (ahimsa),
  • Sincerità (satya),
  • Onestà (asteya),
  • Continenza sessuale (brahmacharya),
  • Non avidità nel possedere (aparigraha).
Astenersi dalla violenza (ahimsa)

Il principio della non violenza è tra i più noti della pratica yoga e consiste nel non infliggere volontariamente sofferenza agli altri e a se stesso, non solamente con le azioni, ma anche con i pensieri e le parole. Un atteggiamento non violento comprende forme di comportamento, come, ad esempio, evitare l’arroganza. La violenza ha le sue radici nella paura, nella debolezza, nell’ignoranza, nell’ira e nell’irrequietezza; serve quindi un atteggiamento, nei confronti di tutti gli esseri, di comprensione e di compassione. Ciò che va avversato non è la persona che pratica la violenza, ma quest’ultima; combattere il peccato, non il peccatore è una massima da prefiggersi di realizzare nei confronti di se stesso e degli altri. Ahimsa è pratica di amore.

Astenersi dalla falsità (satya)

Significa escludere menzogna ed ipocrisia nel comportamento, senza che ciò diventi brutalità: la mancanza di sensibilità è essa stessa una forma di violenza. La sincerità va praticata anche nei propri confronti, non nascondendosi difetti ed assumendosi la responsabilità dei propri comportamenti. Satya è pratica di verità.

Astenersi dal furto (asteya)

In questo precetto va compresa l’astensione dalle piccole forme di appropriazione indebita che sembrano in certi contesti essere giustificate dal fatto che rientrano nei comportamenti comunemente diffusi. E’ da intendersi come non appropriarsi di ciò che non è nostro. Il significato è molto ampio e non si riduce solo al classico non rubare oggetti materiali. Asteya ci invita a non rubare dalla Terra, non rubare agli altri (dalle cose materiali fino alla loro energia o tempo) e non rubare a noi stessi. Siamo i primi ladri di noi stessi quando “rubiamo” dalle opportunità che abbiamo per crescere come persone. Infine, il significato di non appropriarsi in questo caso ci fa ragionare anche sul concetto dell’attaccamento e sulla possessività verso gli altri (ad esempio in una relazione di coppia).

Astenersi dall’incontinenza delle passioni (brahmacharya)

Viene comunemente riferito alla sfera sessuale; alcuni lo intendono come totale astinenza dai rapporti sessuali, altri come moderazione negli stessi. L’interpretazione varia da persona a persona a seconda del cammino che segue: ben diversa è infatti la situazione di un asceta che dedica la sua esistenza all’esplorazione mistica o di chi svolge una vita sociale attiva. Questo precetto non va comunque inteso come repressione degli istinti in generale o di quelli sessuali in particolare, che porta frustrazioni e squilibri, ma come pratica di dominio degli istinti e delle energie. Un sano atteggiamento emotivo e mentale dà alla sessualità la dovuta importanza, liberandolo da una importanza ossessiva, dall’attaccamento psicologico a tali esperienze ed il desiderio di una continua ripetizione. L’interpretazione che possiamo fare di questo Yama, per integralo nel nostro stile di vita moderno occidentale, è quello di essere moderati e generosi verso sé stessi e verso gli altri. Brahmacarya è pratica di autocontrollo.

Astenersi dall’avidità (aparigraha)

Consiste nel non sviluppare possessività, usando ciò che si ha in ogni momento e godendo di tutto ciò che la vita ci offre senza essere attaccato né ai beni materiali, né a quelli immateriali. La voglia di accumulare un sempre maggior numero di beni fa invece vivere molte persone con continua tensione e allo stesso modo sviluppa ansia e timore di perderli. Meglio mirare ad accrescere la ricchezza interiore che è vicinanza allo spirito, che dà pace, benessere ed immensa gioia. Aparigraha è pratica di libertà dall’attaccamento.

Quando iniziamo a mettere in pratica i cinque Yama nella vita di tutti i giorni, si notano subito dei cambiamenti positivi: si percepisce la quotidianità con più leggerezza, le relazioni con gli altri migliorano e anche il tempo dedicato al lavoro acquista maggior qualità. Ci iniziamo ad amare di più; ci accorgiamo che sono le piccole cose quelle contano e in definitiva ci si gode di più la giornata, il qui e ora.